guardati da borse e zaini (ovvero praticamente un saggio sulla violenza)

Anni fa ho visto un film che mi è piaciuto infinitamente, si intitola “Paradise now”. Forse qualcuno lo ricorda, era la storia di un ragazzo palestinese e del percorso che fa verso l’idea di sacrificare se stesso in un attentato terroristico.

Quel film era bellissimo, a mio avviso, perché un film – quando non è puro intrattenimento – coglie nel segno quando ti fa capire qualcosa o ancora meglio ti fa rendere conto che c’era qualcosa che avevi sempre saputo, lo avevi sotto gli occhi e non lo vedevi. Magari nel frattempo il film ti sta mostrando un punto di vista, ti sta spiegando le cose viste da una prospettiva che non è la tua e quindi, su qualcosa che non conoscevi affatto ti da’ un’ipotesi in più di verità. Ma appunto, un grandissimo punto di arrivo è farti vedere qualcosa che non vedi o riflettere su qualcosa che scopri di aver sempre saputo.

Quello che a me ha fatto saltare agli occhi quel film asciutto e struggente, che narrava con momenti di paradossale intelligente ironia, era il concetto a me ben noto per cui:

LA VIOLENZA GENERA VIOLENZA.

Quel che ci rende violenti è subire violenza, crescere nella violenza, imitare la violenza che vediamo, reagire all’umiliazione, reagire alla frustrazione. Soprattutto se non siamo stati forniti di strumenti più solidi e una visione lungimirante del mondo da contrapporre a violenza e umiliazione, a meno che non ci mettano nell’angolo e si tratta di sopravvivere fisicamente.

Quel ragazzo non fa un percorso ottuso e stupido, non va ciecamente verso una scelta irrazionale: il regista ti mostra una persona che osserva la violenza su se stesso, sul suo popolo e su quelli che ama, assiste all’ingiustizia su se stesso, il suo popolo e quelli che ama, e alla fine ti pare messo all’angolo, senza altra reazione possibile alla violenza e all’ingiustizia che reagire con violenza e un’enorme ingiustizia, scelta che come dice la sua amica nel film, non serve a niente. Quel che ti mette davanti agli occhi il film è questo concetto, e il senso di rabbia del chiedersi “ma possibile che nessuno faccia niente, che non capiamo tutti che l’esasperazione cui è portata quella gente è la molla della violenza? Possibile che tutto il mondo non si impegni perché torni l’equilibrio della giustizia laggiù?”

Ma in merito alla violenza e alle sue mille forme c’è un concetto che invece non perdo mai di vista, e di cui ho fatto uno dei temi delle mie personali riflessioni, anche nel mio lavoro:

LA VIOLENZA CHE NASCE DALLA STUPIDITA’ E DALL’EGOCENTRISMO E’ PERSINO PIU’ PERICOLOSA

I tempi che stiamo vivendo (lo so sembra una frase da prete ma mi è venuta così) stanno dando un’accelerata incredibile alla frustrazione, umiliazione, senso di impotenza che sono potenziali motori di violenza. Ma l’assurdo è che c’è chi reagisce come se lo stessero ammazzando, come se ci fosse un assassino con una colt puntata in faccia, perché gli hanno rigato la macchina.

Essere poveri, perdere le cose, non riuscire a raggiungere le proprie mete, mangiarsi le mani perché si vede qualcun altro dietro una rete, a pochi passi, che se ne va in giro con tutti i comfort, ridanciano e sereno, e sapere che non ha fatto niente più di noi per meritarlo, e quello magari ci sbeffeggia pure – o magari ci sembra così – genera una rabbia infinita e crescente e nutre l’idea che non ci sia altra via per sentirsi meglio o risolvere i propri problemi, che aggredire il nemico o magari farlo fuori.

Ma chi è il nemico? C’è davvero questo nemico?

Se non hai uno zoccolo duro dentro per cui il tuo baricentro gira intorno a cose profonde e solide e a una visione più lungimirante dell’esistenza umana, non c’è da stupirsi se poi scattano meccanismi per cui “l’altro” è un nemico a prescindere: devo farmi forte di una qualunque idea, anche assurda, tipo che sono migliore perché ho la pelle bianca invece che verde, che sono migliore perché sono kazako invece che giapponese, che sono migliore perché sì magari non c’ho una lira e non ho concluso niente nella vita, però almeno non sono interista…

Non c’è il nemico? Se lo inventano. Mica sarà colpa loro, no, se le cose non vanno come vogliono? Loro sono straordinari, come possono aver sbagliato in qualcosa?

Le persone gratuitamente aggressive o tendenti al capro espiatorio, fateci caso, sono sempre persone estremamente egocentriche. Sono persone che la loro formazione (mamme o papà  che gli hanno detto un po’ troppo spesso tu sei un dio tu sei il più bello del mondo) o per autocertificazione si credono il centro del mondo, eccezionali, ma tanto incompresi.

Non c’è niente di più ottuso delle persone aggressive e sono persone  che pensano di avere sempre ragione a prescindere, fino alle più estreme conseguenze.

Sono solo io ad essermi accorta che ultimamente oltre alle, sempre più frequenti, grandi manifestazioni plateali di violenza, spesso liquidate con l’aggettivo  sbrigativo e comodo di “un pazzo” di cui leggiamo sui giornali, c’è un aumento crescente di aggressività e prepotenza quotidiana verbale, negli atteggiamenti, nelle prese di posizione generate da motivi futili o inesistenti per cui pare che tutti abbiano semplicemente voglia di litigare?

Anni fa stavo a Mosca per un Festival e ho conosciuto l’allora direttore del Museo del Cinema, uno degli uomini più colti e profondi che abbia mai incontrato. Viveva in tre stanze con la moglie e la figlia di una trentina d’anni, anche lei impiegata nella cultura. Guadagnavano pochissimo, stavano oggettivamente messi male. Mi ha colpito perché era un uomo raffinatissimo ma per niente parvenu, parlava diverse lingue, era spiritoso e arguto eppure aveva scarpe distrutte e un completo pulito ma decisamente vissuto.

Mosca è bellissima,  ma quel che ho visto – era febbraio – era gente che moriva letteralmente di freddo ammucchiata nelle stazioni della metro, bambini che giravano in branchi proteggendosi l’un l’altro, tanta gente che tentava di venderti le cose più strane, da due arance a un orologio fermo.

Il quadretto da romanzo russo è completato dal fatto che in Hotel, quello che pare fosse uno dei più lussuosi,  mi sono entrati in camera e mi hanno rubato tutti i contanti dal portafoglio mentre dormivo, roba da Arsenio Lupin.

In questo quadro di povertà assoluta però, vedo una fila lunghissima e composta di gente sicuramente non ricca, tra cui la signora dell’orologio fermo di cui sopra che avevo incontrato la mattina, una fila che fa il giro del palazzo. Il direttore del Museo del Cinema mi ha spiegato che lì dentro era in mostra UN Caravaggio, gratuitamente.

Ha aggiunto che lui, ottimisticamente, era certo che il popolo russo avrebbe superato difficoltà e crisi grazie al fatto che per loro cultura e bellezza sono sempre stati il valore più importante.

Non è un’analisi retorica, personalmente ho superato momenti – e li supero tuttora  –  in cui veramente, parafrasando Woody Allen, mi sono detta “ma perché dimentico sempre di uscire con un mitra?” in reazione appunto a gente aggressiva, cattiva, al fatto che subisci ingiustizie, che le cose che accadono ti mettono paura, ma  ho superato e supero quei momenti pensando a quelle cose per cui vale la pena vivere, la famiglia di “eccelsi ingegni” disseminati nei secoli e millenni che ci hanno lasciato qualcosa di grande ed eterno; i momenti di esasperazione li supero pensando a quanto ironico e piccolo sia quel dato evento di fronte all’universo o ai miliardi di gente che siamo stati e siamo. Tengo alla mia vita e ho stima e affetto per me stessa, ma non penso di avere più diritto o più ragione degli altri a prescindere, mi rendo conto che siamo sette miliardi, bisogna condividere lo spazio e sarebbe giusto dividere meglio le risorse.

A volte si tratta di contare fino ad un miliardo per i nervi che la gente ottusa riesce a farti venire, ma tenere presente la linea che separa lo sdegno dalla reazione scomposta e avere presente il senso della misura effettiva di quel che sta succedendo, mi sembrano atti naturali.

Quando ero molto giovane ho conosciuto il sapore di quel groppo in gola che l’attore di Paradise Now interpretava così bene, quello di vedere umiliate le persone che ami – di se stessi chi è forte lo può sopportare, ma non di chi ami – il senso di impotenza e frustrazione che possono nascere dal pregiudizio, dall’essere trattati da diverso, così, senza ragione, tanto per tracciare la linea tra un noi e voi che faccia sentire più forti o importanti. Ho anche reagito con violenza, nel senso che c’è stato un periodo da ragazzina in cui alla violenza reagivo con la violenza – non è che essere leggeri significhi non poter menare le mani:  a fare male fisicamente siamo bravi tutti, basta nel più estremo dei casi avere l’arma più potente – poi però alcuni amici che si chiamavano Socrate, Seneca, Ghandi e gente così, e imparare a leggere i libri di Storia, sono cose che  mi hanno  fatto vedere la realtà umana da un punto di vista lungimirante. Dalla consapevolezza che il mondo degli umani è un luogo fondamentalmente ingiusto, ho sviluppato l’ambizione di dare un senso importante alla mia esistenza senza cercare capri espiatori o prendermela con chi non c’entra, e poi ho pensato di raccontare e denunciare come posso col lavoro che mi sono scelta (che peraltro come ambiente è un bel ricettacolo di ingiustizia quindi rimango in allenamento). Ho imparato che, osservando dal punto di vista dell’Universo già così pazzesco e shockante nella sua immensità e nel suo costante miracolo, come si può davvero pensare che il nostro essere tutti diversi faccia  differenza? Che ci siano migliori e peggiori, più aventi diritto e meno aventi diritto?

Ora, in che mondo viveva la ragazzina che era talmente terrorizzata dalla madre che la portava dal ginecologo ogni giorno dispari perché fissata con la verginità, da pensare immediatamente ad un “mi hanno stuprato due zingari” per nascondere di aver fatto sesso consenziente con qualcuno che le piaceva? Ma perché non “Sono arrivati gli alieni e hanno fatto esperimenti sul mio corpo” oppure un classico “Minchia, ma sai che è vero che esiste il babau”? Senza pensare che il suo gesto:

a)mancava di rispetto verso quelli che chiama “zingari”

b)mancava di rispetto per quelle donne cui capita sfortunatamente davvero di subire violenza.

E il “la” immediato colto da gente che non ha visto l’ora di correre con i forconi verso un campo nomadi a bruciare l’orco?

E quel tipo che per ragioni palesemente ovvie, e mi rifiuto di definirlo “pazzo”, si è messo a sparare a due ragazzi, rei solo di essere di colore diverso dal suo, per poi ammazzare se stesso?

Quando l’altro giorno hanno mandato un pacco bomba al direttore di Equitalia, la cosa che mi ha più stupito è stata la reazione di molti, anche insospettabili. Cioè: è vero che dato il momento di catastrofe economica che ci travolge tutti, l’esistenza stessa e la gestione di Equitalia sono non solo moralmente ma anche razionalmente bizzarre per una politica da gente evoluta (vi immaginate uno che va in una baracca in cui dieci bambini muoiono di fame, i genitori vanno per cicoria per organizzare un pasto, la gallina non fa più uova e quello con la sua valigetta dice “Ehi, vengo da parte di uno che dice che dieci anni fa gli dovevate ridare cento lire. Mo’ so’ mille”. Cioè, uno strozzino da western!), non dimentichiamo che “la burocrazia” non è un alieno robotico che decide cose da un pianeta lontano, ma un sistema pensato da persone, controllato da persone e revisionabile dall’eventuale buon senso di persone, per cui se “il contribuente” “il cittadino” ha il problema del mettere insieme il pranzo con la cena che mi significa che stai lì a dargli il tormento per soldi che ti doveva nel 2004, e con un sistema da strozzinaggio tra more, interessi e la qualunque da una cartella di 60 euro finisci per levargli casa… cioè pensate questa cosa vista tra cent’anni da un’umanità più evoluta: è la cosa più assurda e irrazionale (oltre che immorale) che esista: che altro vuoi fare per esasperare le persone? Nascondergli le chiavi di casa ogni giorno poco prima che esca e alzargli i tergicristalli dell’auto – finchè non gliela pignori? L’ho detto in altri post, riferito alla politica: non è un lavoro che faccio io, è un lavoro che fai tu quello di capire come mettere insieme esigenze e buon senso ricordando sempre che si tratta di persone, quelle a cui ti riferisci. Non è che devi piangere e dispiacerti dicendo: “guarda, ti metto alla fame, ma mi spiace così tanto…” Non lo devi proprio fare! E cosa si aspetta, la classe politica, quando di fronte a tutto questo, la gente si sente dire da chi guadagna  da anni somme allucinanti, immorali, “Se mi tocchi il mio caviale, mi ammazzo”, oppure “E mica lo decidi tu, se tagliarmi il mio stipendio da 14mila euro, che ti credi? Tu fai i sacrifici, così l’Europa ci dice che siamo belli, ma adesso non mi mettere in mezzo a me, eh?”. A fronte di un Monti che elegantemente dice “rinuncio al compenso”, vediamo decine di vecchi navigati del Parlamento che si rotolano disperati per un taglio a stipendi da nababbi o vitalizi insensati.

Che altro vogliono fare per esasperare le persone?

Quindi premesso che capisco che si possa essere diciamo perplessi da quel che succede  ed esasperati che nel frattempo in modo ottuso ti arrivino pure lettere minacciose e continue richieste di soldi come terremotati a cui arriva la bolletta della luce, ma:

ti pare che dici che sei contento che un impiegato abbia quasi perso una mano?

Cioè: lui non era “il signor Equitalia” era un impiegato. E anche fosse stato uno del governo che non sta  riflettendo sulla gestione del recupero dei crediti, dei tagli alle pensioni, dell’aumento delle tasse…ma ti pare una soluzione mandare bombe e fare saltare dita? Sono soluzioni da applaudire? Si dimentica sempre la regola basica del “vivere in una società in cui ci siano regole che prendo in considerazione se fossero applicate a me” che non valgono solo quando ci fa comodo: a te starebbe bene che se sbagli ti mandino una bomba e questo magari non sia nemmeno reato?

La lotta di tutti contro tutti, cioè diventiamo l’85 alternativo di “Ritorno al Futuro”.

Ho letto cose su facebook che avevano un livore e un’aggressività verbale da “Ti strapperò il cuore e lo mangerò ancora pulsante” che mi paiono toni da certi attori cani che vanno in overacting.

Mi pare che si sia perso il senso della misura – per non parlare dell’intelligenza dell’ironia – da non saper più distinguere lo sdegno dalla scomposta violenza.  Non si ha più la misura che fa la differenza tra la furia che possa scatenarti chi ti ha ammazzato davanti agli occhi e senza ragione un parente, e il fastidio di uno che per sbaglio ti ha sfiorato l’auto.

Si è perso ormai ogni limite all’egocentrismo, al leinonsachisonoio-ismo, mi capita sempre più spesso di sentire toni aggressivi gratuiti, gente fuori di testa che ti insulta perché pensa di essere importante, non abbastanza considerata, che pretende ascolto, pretende il tuo tempo e se dici che non ne hai, non puoi adesso, senza minimamente essere interessati alla ragione (magari stai morendo) reagiscono augurandoti la morte,  persone sui bus che si attaccano per stupidaggini. Per dire l’altro giorno intercetto un: “Signora, ho detto mi scusi, la borsa è grande …” e la signora in oggetto avrà borbottato per otto fermate contro le borse e gli zaini. Con un livore, un’acrimonia veramente inquietanti, arrivando a chiedere la solidarietà dei vicini: “E mica si può salire con ‘ste borse, ‘sti zaini…”. Le dico “Dovremmo fare come le corriere di un tempo: tutto sul tetto!” ovviamente per stemperare, mostrarle uno specchio che le dicesse “Tesoro, stai calma, stai esagerando”. Insomma, ti dò l’occasione per rivederti. Lei mi ha lisciato completamente, rispondendo, ancora più piccata “Ma no, è che è vietato salire con le borse e gli zaini grossi!” A parte che se non parliamo del baule della nonna non è vietato, ma la signora stava tentando di dire che il suo fastidio in realtà era basato su una legge, una regola precisa, che lì era in atto una gigantesca ingiustizia. Vi assicuro, non era né matta, né rimbambita. Le ha dato fastidio essere sfiorata dalla borsa della ragazza in questione ed ha reagito così. Chissà quali dolori hanno trovato nelle borse e negli zaini i colpevoli di tutto cio’ che le stesse accadendo magari da cinquant’anni in qua.

Insomma, ogni giorno vado in internet, per prima cosa guardo le notizie e francamente comincio persino ad averne paura. Ogni giorno c’è qualcuno che ammazza qualcuno per qualcosa di veramente assurdo, inesistente, microscopico. Poi penso che forse è anche perché nessuno ha sorvegliato negli anni passati sul niente con cui si è stati foraggiati: soldi, oggetti da possedere, un mondo da succhiare fino al midollo, vite sul bordo piscina, gioventù illimitata a tutti costi, macchine gigantesche inutili in città che travolgono la gente perché non la vedono da lassù, ragazzini che sarebbero disposti a vendere la mamma per comprare, avere, sentirsi fichi, non rischiare di non essere nessuno.

Ora se per trent’anni e più ti hanno rimbecillito solo con questo, quando poi non ci sono più soldi, non puoi possedere, non puoi avere le cose, nessuno ti vede, nessuno ti ascolta, non sei andato in tv, non sei diventato attore, calciatore, velina, non sei importante come ti hanno fatto credere di essere o dover diventare per poter dire di “essere”, è ovvio che scatta la violenza, che prendi a pugni quel che ti capita davanti, che individui un potenziale acerrimo nemico (tutti i neri, gli omosessuali, il mio vicino stronzo, le donne, gli uomini,  quello che vuole fregarmi il parcheggio, quello che fa rumore, quello che fa cagare il cane dove non mi piace a me, il mio capo etc etc) e decidi che la colpa è LORO. Colpa loro se sei infelice, se non va bene niente, se non hai realizzato qualcosa. C’è un mondo che vedi come di semidei che hanno il potere, le redini del mondo, la risposta ai tuoi problemi e quelli hanno il dovere di ascoltarti sennò morte li colga,  oppure c’è una categoria di persone che ti stanno togliendo spazio, aria, lavoro, o ti danno sui nervi così solo perché non hai capito come sono e come vivono, e ti accanisci.

Anche se, in effetti, le borse e gli zaini, sono proprio brutta gente.

Pubblicato da anneriittaciccone

osservatrice conto terzi

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