Personalmente da tutta questa rumorosa faccenda del referendum ho dedotto una cosa, forse un passo fondamentale per la mia esistenza privata. Assisti con pazienza e tolleranza alle manifestazioni più alte della stupidità da quando sei entrata in età di coscienza politica, ma intanto studi, ti prepari ma soprattuto impari – da tuo padre, dai tuoi nonni che hanno fatto la guerra – che per capire si guarda e si ascolta. “Pensa con la tua testa persino se non sei d’accordo con me” mi diceva mio padre, e poi appunto studi, ti prendi pure una Laurea inutile come quella in Filosofia, ti ossessioni su psicologia, sociologia, scienze politiche, come tesina della biennalizzazione che hai scelto tu stessa, di Filosofia Morale, ti concentri sulle Teorie della Giustizia perché tu vuoi capire l’animo umano, vuoi essere un cittadino preparato, vuoi fare la tua parte nella società. Ti sei fatta nel frattempo anche collettivi, occupazioni, ti sei presentata persino come rappresentante d’Istituto e persino per quello ti sei sparata da Machiavelli a Tocqueville, perché ti hanno insegnato il valore della Politeia, e tu ti ci impegni.
Nel frattempo hai assistito, nel 1994, allo scempio della vittoria di Berlusconi e visto tuo padre bestemmiare e sentito gente che si diceva “di sinistra” non ascoltare e non vedere le ragioni personali per cui questa persona si era inventata politico (nel senso di membro della macchina politica, non della Politeia suddetta) da un giorno all’altro, improvvisandosi. No, stavano tutti lì a riempirsi la bocca della parola “cambiamento”, termine abusato quanto pace, amore, fiore e libertà, parole che si sfruttano e si utilizzano come gadget pubblicitari senza capirne il reale senso. E ti ritrovi a vivere nel bel mezzo di un ventennio di subcultura, che guarda caso coincide con quelli che sono in teoria gli anni belli di una vita. Tu devi combattere con una società che vuol costruire la tua generazione e quella dopo a suon di nonèlarai, mariadefilippi, televoto, tetteculi, populismo, qualunquismo, contratti con gli italiani e io curerò il cancro. La normale evoluzione e l’ultimo trionfante capitolo di questo ventennio berlusconiano è un comico che trova terreno fertile, zappato con cura dall’imprenditore nei guai che si è salvato il culo facendo campagne elettorali che sono sempre state campagne pubblicitarie, si ritrova un terreno perciò perfetto, perché ormai le nuove generazioni sono pronte: “Ma a cosa serve la cultura, a cosa serve il professionismo, a cosa serve sapere? Vaffanculo! Vaffanculo a tutti e tutto? Ma con chi ce l’hai? Boh, con loro!! Loro brutti, loro vecchi, loro quel che c’è! Cambiamento, ecco cosa vogliamo!” insomma ti ritrovi ad assistere a una nuova era politica la cui ideologia parte da un vaffanculo e prosegue con un coacervo misto di manie persecutorie e violenza verbale senza un contenuto, un programma, una proposta, se non questo generico insistere su “cambiamento” e slogan pubblicitari d’accatto che solleticano la vanità del semplice con dei “per voi, il cittadino, la gente, cambiamo tutto”.
A ridanghete, la parola cambiamento usata come pace, amore, fiore e libertà, gadget. Avercela con qualcuno, basta che qualcuno è lì dove vorrei stare io, e poco conta se quello lo merita e io no, basta dire che non lo merita. D’altronde siamo diventati in pochi decenni la società del “se quella lavora è perchè fa le pompe, se quello sta lì perché è figlio di” e lo si dice a prescindere, anche se quella è una le cui pompe non le vorrebbe neanche un cieco e quell’altro è orfano. Perchè il ventennio che ha ben bene arato la società del qualunquista, ha una sola regola: mai informarsi, mai approfondire. Siamo la società di google, lercio e wikipedia: basta mettere in giro la voce e quando lo avranno detto in cento allora sarà vero.
L’importante è che quel che è stato detto solletichi un principio di base: se la mia vita è una merda la colpa è sicuramente di qualcuno.
Perché siamo poi anche la società del complottismo, del bambino magico freudiano che se caschi e sbatti contro il tavolo dai le botte al tavolo. Questo è il terreno fertile su cui stanno lavorando, quello di bambini mai cresciuti che hanno ancora un problema con la generica autorità, l’invidia sociale verso chi ha quel che io non ho, che si arrabbia con quel che non capisce o da cui si sente escluso.
Visto dal futuro, o visto da un altro pianeta, si direbbe: ma chi ci cascherebbe mai?
Rispondo con Kant: si spiega con quella faccenda a cui davvero non c’è rimedio.
La gente stupida purtroppo è la maggioranza. Forse stupidi si nasce ma ottusi si diventa. La gente, se non è strutturata abbastanza da saper stare da sola, ha bisogno del gruppo, dell’appartenenza, della famiglia, e noi abbiamo dimostrato, come italiani, di avere nel DNA la voglia di innamorarci di un padre-leader che ci prometta pane sugli alberi e latte che scorre nei fiumi, in più vent’anni di subcultura hanno creato generazioni di persone che prendono tutto come l’arena di un programma di Maria de Filippi. Non si hanno opinioni che si mettono a confronto ma si litiga come nel talkshow con cui si è cresciuti. Non si crede in un partito, una persona o un’idea che si spera passi perché rappresenta quel in cui crediamo, ma si tifa per squadre che vincono o perdono. Il celebre “non credo nelle tue idee ma mi farei ammazzare perchè tu possa affermarle” è stato sepolto da cori sgraziati di sberleffi, sui social come nei confronti personali, in perfetto stile “Uomini e donne”.
Non siamo più “cittadini partecipi”, siamo un “pubblico attivo” che stabilisce chi vive o muore spingendo il tasto del Televoto.
Non si ascoltano davvero le ragioni della “squadra per cui si tiene” o del leader-padre che si segue con lo stesso violento fanatismo delle groupie di Charles Manson, si fa e si dice quello che dicono loro.
Nel caso di questo referendum, presi singolarmente, quelli che si sono detti per il NO, non avevano idea di cosa ci sia scritto in quella che, scimmiottando i loro referenti, definivano “la Costituzione più bella del mondo” (non lo è, checchè ne abbia detto Benigni, le Costituzioni riflettono il momento in cui sono state scritte, sono idonee al momento, non esiste nulla di “buono in sé”) , il 99% per cento di chi ha votato NO e tu hai avuto modo di parlarci singolarmente, voleva solo “buttar giù Renzi”. E se chiedevi “perché?” hai sempre ricevuto in risposta frasette standard sentite dire da quelli della squadra blu per cui tifano o cui appartengono. Chiarisco, non sono una “renziana” e sono sempre stata molto critica con Matteo Renzi, io sono sempre stata, sono e sempre sarò di sinistra e il rapporto tra Pd, Renzi e la Sinistra, intesa come ideologia e come questa ideologia oggi deve essere intepretata in modo idoneo al tempo merita un altro discorso, basti dire che parliamo di qualcosa che sta dall’altro lato degli universi conosciuti dell”accozzaglia politica che si è schierata per questo famigerato “No”.
Fino ad un certo punto ti sei anche divertita a mettere in crisi il singolo con cui ti sei trovata a parlare, pacatamente e senza nemmeno rivelare il tuo pensiero, mentre quello ti spiegava la grande democrazia stabilita da un Blog in cui votano mille persone e che dovrebbero perciò decidere per 65 milioni di cittadini. Poi però, per l’appunto stordita dal gran rumore, dall’aggressività verbale, dall’altissimo tasso di stupidità che ti sei ritrovata attorno ad ogni sguardo ad un social, ogni zapping televisivo, ad ogni affermazione delirante tipo “adesso si può ricostruire la Sinistra”… La sinistra? Voti con Grillo, Salvini, Casa Pound, il citato Berlusconi e dici che lo hai fatto per “ricostruire la Sinistra?” per arrivare, qualcuno a dire “se la sinistra deve diventare destra allora va bene…?” insomma. basta, ad un certo punto sei tu che dici no.
Basta tolleranza, basta superiorità. La gente stupida è stupida e, tornando a Kant, non c’è rimedio per questo. Quindi io, nella mia personale piccola vita, ho deciso che con la gente stupida non ci voglio avere più a che fare.
Non puoi aiutarli, non puoi cambiarli e se la gente stupida si rivela la maggioranza, bene, allora non c’è niente di meglio che riaffermare l’orgoglio di un’unica appartenenza di cui ti trovi a far parte tuo malgrado, il far parte di una minoranza.
Ché, d’altronde, la maggioranza stupida ha creato le guerre, dittature, persecuzioni, aberrazioni della Storia dell’uomo. Per poi piagne e assistere sgomenta alle conseguenze di azioni di cui – tanto – hanno sempre incolpato altri. E la minoranza, sempre se non la passano per le armi per poi intitolarle una strada cinquanta anni dopo, passa a pulire il casino e si ricomincia da capo.