NON HO BISOGNO DEL FEMMINISMO PERCHE’ A ME CUCINARE PIACE (e poi c’ho il bimby)

Dato che mi professo osservatrice, osservo. Osservare è la cosa che mi viene meglio da che mi ricordi di esistere.  Gioco molto al gioco della smemorata, non ricordo dove metto le chiavi, dimentico i nomi (soprattutto i cognomi) ma alcune cose che ho osservato pur a cinque anni le ricordo benissimo. Osservare e ascoltare sono l’unica via reale al (cercare di) capire gli altri e ovviamente il mondo. Poi uno studia e approfondisce e si domanda: ma ho visto bene? ho ascoltato bene? ho capito bene?

Oggi ho finalmente trovato il tempo per approfondire una cosa che mi stava inseguendo da un po’: capire cosa fosse questa realtà diventata mediaticamente popolare di Women against feminism.

Vado sul loro sito. Questo.

Sono tutte foto io con cartello, seguendo ormai una moda consolidata in cui ci si potrebbe fare un selfie unico e ogni tanto sostituire il cartello in photoshop per metterci scritte varie da “Ritrovatemi Billo” fino a “Liberate la tigre dello zoo di Salonicco”.

Premetto che non mi sono mai professionata “femminista”, pur essendo figlia di, sia perché non mi piacciono gli “ismi” in generale, sia perché per mia natura sono sempre stata un po’ lupo solitario, mi fa molta fatica entrare in movimenti, associazioni, gruppi e gruppanzuoli (lo sa chi ha lavorato con me, per dire, nella realtà dell’associazione di registi e sceneggiatori di cui faccio parte e di cui ho già parlato precedentemente, insomma unisco le mie forze solo quando scatta una qualche emergenza, di solito.)

Ma posso dire con una certa tranquillità di conoscere piuttosto bene il “pensiero femminista” e nessun essere di buon senso può negare che, quando con azioni splendide, quando goffe, si sia trattato e si tratti di un pensiero e una rosa di movimenti che ha molto ma molto fatto per la battaglia dei diritti umani, primo fra tutti il diritto all’uguaglianza di fronte alla legge. Una realtà verso la quale qualunque essere di sesso femminile che viva nel quarto di mondo privilegiato, deve tutto (sul resto del mondo ci si sta lavorando).

Quello che viene fuori da questa sfilata di foto di ragazze-con-cartelli è una grandissima confusione speculativa su idee quali libertà, uguaglianza, differenza.

Il sito e il movimento fanno riferimento – ergo parlano contro – un altro movimento, e anche contro una campagna che si esprime attraverso un hashtag che circola su twitter (#YeasAllWomen, su cui si trova qualche informazione qui)

Il movimento incriminato si definisce “Modern feminism”. A riguardo ho trovato questo blog.

Quindi ho letto, osservato e confrontato. Il sito di Women against feminism ti lascia a bocca aperta.

Forse potrebbe bastare un solo commento: ma so’ matte, queste? O anche un classico levateglie il vino ma noi approfondiamo, ci ragioniamo.

Ma dove hanno letto o chi ha detto a queste ragazze coi cartelli di Women against feminism che – per scegliere un tema che torna spesso –  la femminista ti insegue coi forconi se scegli di fare la casalinga e la mamma? Qualunque pensiero femminista chiede che le donne, come ogni essere umano, siano libere di scegliere di fare quel che vogliono.

Infatti vai sul blog della modern feminist  “di là” dicono: la donna deve poter scegliere di fare quel che vuole.

A parte una visione totalmente superficiale dell’idea del pensiero femminista in genere, c’è anche un filo di ipocrisia buonista peaceandlove, visto che mentre il movimento si chiama aggressivamente “Donne CONTRO il femminismo” i cartelli e l’ashtag in generale non dicono “sono contro”, dicono “non ho bisogno” del femminismo, senza rendersi conto che dire “IO non ho bisogno” travisa completamente natura e scopo di ogni pensiero e movimento,  portando tutto a una visione del tutto egoistica ed egoriferita: “aoh, a me non me succede mica gnente, eh? io sto ‘na crema” potrebbe essere il cartello di una woman-against-feminism di Roma.

Andando avanti.

Vari cartelli dicono “non ho bisogno del femminismo perché non sono una vittima/ perché penso con la mia testa/ perché non c’è niente di male se voglio essere sexy” etc.

Vai di à e il sito apre con “mi vesto come voglio e se sono sexy non vuol dire che ci sto/ le donne devono poter pensare con la loro testa/ le donne non sono delle vittime”.

Vari cartelli sempre delle against feminism dicono “non ho bisogno del femminismo perché per me uomini e donne sono uguali, mica noi siamo superiori” arrivando al paradossale “perché voglio che da grande il mio bambino sia rispettato dalle donne” (!!)

Vai di là e vari disegnini esplicativi a prova d’aborigeno spiegano “femminismo non è donna + dell’uomo, femminismo è donna e uomo = ” .

Il cartello di una woman against che mi ha più chiarito la situazione è stato:

“Non ho bisogno del femminismo perché il mio ragazzo mi tratta bene”.

w_a_fem

Qui necessita un minuto di silenzio e personalmente ho dovuto contare fino a mille concentrandomi sul concetto di rispetto per non avere una crisi di risate.

Che queste ragazze non sappiano di vivere in un quarto di mondo privilegiato su un pianeta nel quale gli altri tre quarti vedono donne appese qua e là, senza diritto non dico al voto ma di fiato, lapidate, stuprate e uccise per “essersi fatte stuprare”, totalmente private di ogni più elementare diritto, ci può stare. In questo quarto di mondo privilegiato lo scotto da pagare all’abbondanza è l’aver perso la voglia di sapere e l’empatia.

Ma senza andare lontano non sanno nemmeno di essere al massimo la terza generazione che può studiare, decidere che lavoro fare, decidere se lavorare o fare la mamma, appunto, nella terra stessa in cui sono nate; se conoscessero la Storia e la sua volubilità saprebbero che quel che si conquista in millenni lo si può perdere in pochi giorni e non starebbero poi così tranquille. Mia nonna, quella siciliana, donna di incredibile intelligenza, non ha potuto fare il liceo che voleva, figuriamoci l’Università, non ha potuto lavorare perché anche solo per pubblicare una novella o un libro (scriveva molto bene) doveva avere l’autorizzazione del marito. Fino ad un paio di generazioni fa, qua nella terra in cui viviamo noi, la donna passava da essere proprietà del padre a essere proprietà del marito.

Lasciamo perdere il diritto al voto, che abbiamo ottenuto nel 1946 ma forse non tutti sanno che l’abrogazione della legge per cui si poteva evitare la carcerazione per stupro con il famigerato “matrimonio riparatore” è avvenuta solo nel 1981. Avete letto bene: millenovecento – 81.

Oppure la ragazza che pensa che il femminismo sia una strana bestia che chiami in soccorso se il boyfriend ti picchia, invece magari sa benissimo che altrove i pari diritti di fronte alla legge sono cosa ben lungi dall’essere stati raggiunti, ma semplicemente se ne frega. Forse anche nel suo condominio una sua coetanea ha il ragazzo che la picchia, ma a lei che le frega? A lei il ragazzo non la picchia, per ora il femminismo non le serve.  Questo è ciò che,  a quanto pare, ha capito la ragazza del femminismo.  “No, grazie, per ora come se avessi accettato, il mio ragazzo è caruccio, sto bene.”

Molto chiarificatrice, anche, poche foto più giù mi colpisce un’altra tipetta che dice una cosa tipo “io non mi sento rappresentata da voialtre hipster”.

Insomma l’idea è:

“ANTICHEEE!! VEEECHHIEEE, che non vi depilate e avete le tette cadenti, noi siamo fighe, qua, noi ci piace piacere e ci piace essere sessualmente libere (anche qui ignorando che la loro libertà sessuale è conquista e battaglia del femminismo degli anni ’70) , a REPREEESSEEEE! Yooooo!!! Io sono mamma e mi piacciono l’omini, E ALLOOORAAAAA?!”

Il tono che arriva è questo, confermando non solo il vero punto debole del nostro sesso che è quello di metterci du’secondi a fare zuffa da gatti tra donne invece di tirare fuori il talento – che sì, è soggettivo – dell’ascolto e dell’osservazione.

Risulta subito evidente che tutto questo baillame dal sapor un po’ di glamour e lipgloss alla fragola, un po’ di gente che canta struccata con la chitarrina e la vocetta dolce per postare il video su youtube, nasca da un enorme pregiudizio – una confusa etichetta hippie attribuita al pensiero femminista in genere – ma soprattutto dall’incapacità congenita, spero non di una generazione, di ascoltare e informarsi.

Basta leggere il sito sopraccitato o seguire l’hashtag sempre di cui sopra per capire che di fatto stanno dicendo di desiderare esattamente le stesse cose che desiderano le “femministe”, solo che queste ultime ne parlano come di una conquista da ottenere contro un sistema e delle leggi, le against individuano il nemico in altre donne.

Siamo al paradosso, quindi: sarebbero altre donne, le femministe, a non volere che le donne siano libere di pensare, libere di vestirsi come vogliono, di fare sesso con chi scelgono. E magari sono sempre la femministe che ti consigliano di non denunciare uno stupro o un abuso “che tanto non succede niente”, sono loro che ritardano le leggi contro le violenze, che mettono in discussione il diritto alla scelta su una gravidanza, che non ti riconoscono la maternità in molti settori, che ti fanno firmare che non resterai incinta se vuoi essere assunta, che ti pagano meno di un uomo nella stessa identica collocazione professionale.

Secondo me questo fenomeno non è tanto il sintomo di una regressione culturale e dell’ignoranza storica e della mancanza di un pensiero forte, per me è soprattutto parte di un fenomeno più vasto che è quello della distrazione, del non ascolto,  che portano a prendere e partire con le fanfare senza aver capito bene di cosa si stia parlando.

Stavo per postare una mia foto con il seguente cartello:

“Non ho bisogno del femminismo perché a me cucinare piace, e poi c’ho il Bimby”.

Ma poi ho pensato che al di là dell’aspetto ilare, nonostante l’aspetto patinato, la faccenda – culturalmente parlando –  è seria. Per cui, nonostante la mia naturale tendenza, c’è poco da scherzare.

Pubblicato da anneriittaciccone

osservatrice conto terzi

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