Ultimamente frequento poco i social, nel senso che più che altro sfoglio distrattamente tweet dal cellulare, passo veloce sulle notizie di facebook e nei momenti di buco (quasi sempre mentre aspetto un bus o sto renderizzando un video) butto lì uno status.
Non sembra ma sono molto impegnata. A parte il chiamiamolo-per-comodità-lavoro, una delle faccende che più mi tiene impegnata è combattere contro il karma destruens: sabato mi si è rotto il terzo blackberry in due anni, più che altro è annegato durante una cena qui a casa. Finita la cena ho trovato il cellulare che navigava nell’acqua sul tavolino della cucina, non so e non saprò mai perché e a causa di chi. Contiamo una giornata persa tra procurarsi un nuovo telefono, configurarlo, buttarci dentro contatti etc che avevo salvato sul computer. Insomma, sono fatiche. Intanto, ieri è finalmente venuto l’idraulico per mettere a posto una perdita che riguardava SIA la lavatrice CHE la lavastoviglie, rotte da dieci giorni. Prima si pensava fosse la lavastoviglie, quindi ci si è messi a fare i piatti solo a mano, poi giovedì ha attaccato con gli tsunami pure la lavatrice, quindi siamo stati costretti a chiamare un idraulico. E anche queste sono tragedie che richiedono la più profonda comprensione. Infine, oggi è venuta l’iraconda signora che mi aiuta con le pulizie, ha aperto tutte le finestre di casa – e sì che la ossessiono con il problema di questo appartamento del riscontro – la porta a vetri del bagno ha fatto prima SBABUM e poi KRAPAM e ora a casa mia non è prevista più privacy. Quindi la mia nuova avventura sarà il vetraio.
Riesco a mantenere un minimo di aplomb zen, perché si sa, un po’ gli oggetti si ribellano tutti insieme, un po’ da brava mezza siciliana riconosco perfettamente in tutto questo l’effetto malanova, cioè il malocchio che ti manda la gente che ti odia. Ma rimango calma perché so che, da illuminista con in pugno una razionale cultura e conoscenza di certe metodiche imparate nella suddetta regione meridionale d’Italia e che ho applicato, che tutto ciò che mi arriva tornerà indietro al mittente moltiplicato per tre (anzi approfitto per avvisare i malanovanti che se si stanno facendo domande sul perché le cose vadano loro così male e gliene succedano di ogni: basta che la smettano di pensare male degli altri, tipo di me, e tutto nella loro vita si calmerà).
Riflettendo dunque sull’indubbia esistenza di malanovanti e iettatori mentre osservavo i cocci di vetro della mia porta del bagno e la signora delle pulizie accusava Lorenzo di aver aperto lui tutte le finestre (lui non era in casa, ma la forza del pensiero, si sa…) mi è venuto in mente che stamattina scorrendo la timeline di twitter, quando il mio bagno aveva ancora una porta e vi stavo dentro, mi è scappato un tweet riguardo le persone acide.
Sì perché a volte scorrere le notizie dei social fa venire i nervi. Almeno a me, perché detesto veramente il conflitto (cosa di cui non si capacita il vecchiodimerda di questo condominio che non fa che stuzzicarmi per litigare per qualunque sciocchezza) e detesto le persone acide. Ma le mie timeline sia del suddetto social cinguettante che di facebook pullulano di livore. Devo dire più su twitter che a casa di Zucky.
Ci sono un paio di persone che ci hanno costruito una notevole fama virtuale su ‘sto passare il tempo ad attaccare tutti, possibilmente chi ha successo. (ci sono persone che ci hanno costruito un seguito politico ma questo è un altro discorso)
Per molto tempo è stato il turno di Sorrentino & co, con picchi all’arsenico nel momento dell’Oscar, si è passati attraverso scrittori che vendono, la new entry degli ultimi tempi è Alice Rohrwacher, visto che ha vinto un Premio a Cannes. Ovviamente l’attacco è iniziato quando è stata selezionata al Festival senza – naturalmente – nemmeno averne visto il film, con punte da bombardamento al napalm quando ha ricevuto il Premio. Ma io dico: ma che v’ha fatto, ‘sta gente?
In questo Paese abbiamo in generale un serio problema con l’accettazione del successo altrui, fin da piccoli. Oddio, non è che altrove il primo della classe non si ritrovi presto o tardi l’Attack nelle mutande ma, come in tutto il resto, qui restiamo eternamente adolescenti in ogni campo.
Saltando tra la terra di mammà e questa in cui vivo, di papà, quello che mi colpisce è l’atteggiamento totalmente opposto con cui la maggioranza vive i trionfi dei conterranei: lì gli regalano una villa e gli intitolano strade da vivi, qua la gente si rotola nel proprio sangue mettendo in chiaro due cose:
– Non sono invidioso, eh? È che mi fa rabbia perché quello non merita, quello che fa è brutto, è l’inteligenzia/il potere/il Papa/il Dalai Lama che lo protegge. (sindrome del depositario dell’oggettività e della morale cosmica)
– E comunque non lo dico solo io, vi dico cosa ha detto un mio amico (che a sua volta non è invidioso, eh?)
Come se il punto fosse l’invidia. Gli acidi da social network non è che attaccano uno qualunque che guadagna seicento euro al mese e si fa la vita sua, NO, essi tengono il mirino sempre puntato verso chiunque ottenga qualcosa di grandioso, per esercitare lo sport nazionale del: lui non lo merita – chissà come ci è arrivato lì – ma come fate a dire che è bravo. Il sottotesto ovviamente è “Io sì che avrei potuto, io sì che meritavo” ma, se interrogati in merito, gli acidi si dividono in due categorie:
– Io? Figurati, faccio un altro mestiere.
– Io? Ma io sono troppo puro, non ci sto a certi sistemi. Arrivare lì come ci è arrivato lui/facendo quelle cacate che fa lui, guarda, preferisco come sto.
Nel piccolo invece delle nostre vite pur anonime, accade un meccanismo praticamente identico: dobbiamo spesso prenderci la cacca in faccia di chi non riesce a capire che i propri fallimenti o quel che non ci piace delle nostre vite raramente è colpa degli altri, soprattutto non è colpa di qualcuno che pensiamo abbia le cose che vorremmo noi, o abbia raggiunto obiettivi che pensiamo di non aver raggiunto (perché per qualunque cosa tranne sconfiggere la morte c’è sempre tempo). Invece di impegnare il proprio tempo a lavorare su se stessi non fanno che macinare giudizi e sarcasmo sulle altrui vite.
Quando, da piccola in Sicilia, imparavo concetti scientifici come la malanova e il malocchio della gente cattiva (ma non invidiosa, eh?) già mi sfuggiva la ragione per cui, con tutto quello che abbiamo da fare a da pensare, dovremmo perdere tempo a guardare quel che fanno gli altri e starci pure a provare dei sentimenti. Soprattutto quando di fatto non ci riguarda: non ci hanno tolto niente, non ci hanno fatto niente. E comunque anche quando la gente ci fa male o ci illude, anche se è faticoso ammetterlo, siamo noi ad esserci fatti illudere o a esporci alle situazioni che ci fanno male.
Insomma sono cose che dovrebbero esserci chiare dal compimento dell’età del giudizio, eppure sembra che dalla vita quotidiana fino all’alta politica passando per quelli che dovrebbero essere i nostri comunicatori, pseudo intellettuali e celebrità, sembra che il passatempo nazionale sia massacrare di osservazioni e commenti la gente con toni che sanno di latte andato a male.
È che poi sono portata a pensare che tutta l’infelicità che probabilmente si nasconde dietro tutto questo livore generi energie negative che tornano al mittente moltiplicate tre volte, come spiega chiaramente l’equazione che mi è stata insegnata. Anche senza bisogno dei piccoli trucchetti con cui ci si può garantire l’efficacia del principio.