Ieri dicevo: “Ma è quasi impossibile litigare con me! Detesto la polemica e a meno che non disprezzi fortemente qualcuno, sono accomodante. Non è necessario avere sempre ragione e anche se sai di averla, non è necessario farlo notare. Tanto, che ti cambia e che ti frega?”
Di questo concetto sciorinato a cena in un ristorante, mi sono resa conto di aver trascurato il passaggio: a meno che non disprezzi fortemente qualcuno.
Mi sono resa conto di non essere questa bella persona, perché disprezzo un sacco di categorie di “gente” (che chiamiamo così e non persone perché qui conta come io intendo gente).
Il minimo comune denominatore di quanti disprezzo è la stupidità, quindi disprezzo la stupidità. Divento un pochino intollerante di fronte a persone e/o concetti stupidi. Non ho pazienza.
Quindi sono intollerante.
Forse razzista verso gli stupidi?
Allora non è che ci litigo, però sicuramente li faccio rimanere male.
Mi è venuto in mente stamattina ripensando ad una persona che una volta, in posa plastica bergmaniana, di profilo, sicuramente per fare colpo, mi disse:
“Se esiste la reincarnazione, vorrei rinascere gabbiano.”
“Come gabbiano?”
“Sì, liberi, felici, volano alto…”
“Che schifo, ma fanno una vita di merda i gabbiani! A farti il culo tutta la vita con ‘ste ali, su e giù, giù e su, mangi la mondezza… ma che senso ha voler essere un gabbiano?”
Costui è rimasto molto male. Qualche giorno dopo, evidentemente per spiegarmi la mia insensibilità e poca poesia, mi ha regalato “Il gabbiano” di Jonathan Livingstone, che peraltro avevo già, e io gli ho detto che lo avevo trovato un libro molto new age. Che per me significa stupido.
Forse non sono stata gentile ed è veramente strano che non ci abbia litigato. Forse dovrei chiamare e chiedere scusa.