Per tutta la vita ho svolto attività fisica, non so se sia il temprato carattere nordico, l’esempio di una madre che persino quando non si poteva andare a camminare o correre perché pioveva o nevicava, oppure non poteva permettersi la palestra, faceva ginnastica in casa – tra i ricordi di infanzia quello netto e rassicurante di lei che salta con la corda come Rocky al centro del salotto – quindi tra danza, atletica, un tentativo penoso in cui mio padre tentò di farmi fare mini basket con le mie bravissime cugine, perché mi avrebbe voluto tosta come loro (ma io sapevo solo prendere pallonate in testa), arti marziali con un risultato simile al minibasket, buttata nell’acqua a tre anni perché dovevo saper nuotare – e quindi anche nuoto – e poi tanta palestra e persino un brevetto per insegnare in palestra, che a onor del vero mi ha salvato il portafoglio negli anni da studente spiantata, ecco, io non ricordo una vita senza spogliatoi, borse da disfare, convivenza con gente che suda e che si muove per diverse ragioni:
a) per essere magri – quando insegnavo in palestra mi capitava puntualmente la tipa che il 26 maggio mi diceva “per il 7 giugno voglio un corpo perfetto, ché parto per la crociera”.
b) per essere tonici e poter mostrare un corpo scolpito in ogni occasione, tipo lasciando scostata la tenda del camerino di prova nei negozi d’abiti, arrotolando le maniche ad altezza bicipite o portando minigonne/short anche a gennaio con due gradi.
c) per stare bene con se stessi, perché come dicono le riviste guardarsi allo specchio e piacersi val più di mille anni di analisi e poi la serotonina, l’umore, insomma avete capito.
d) perché stavano per lasciarci le penne con un infarto o giù di lì quindi comprano una tutina acetata e via a rimettere in sesto l’ambaradan.
e poi
e) boh, perché l’hanno sempre fatto, per un miscuglione delle ragioni suddette, infarto escluso. (categoria cui appartengo)
Dunque negli ultimi anni mi sono concentrata sull’alternanza tra yoga e piscina. Yoga perché lavori su corpo e anima (sull’anima siamo in zona minibasket), entrambe le discipline perché da persona che s’è logorata ogni giuntura con tutta l’attività di cui sopra, flessibilità e conservare la forma – in ogni senso – sono le parole d’ordine.
Stamattina decido di andare in piscina, nei mesi più caldi preferisco e poi è a otto passi da casa. Sono diventata pigra: non solo devo fare sport, devo pure macinare chilometri?
La decisione e scelta di andare a fare sport accade così: uh, ho un po’di tempo, ma allora vado … (riempire i puntini con quale delle due attività sceglierò, dipende da che ore sono, quanto tempo ho, se piove ergo non voglio fare più di otto passi etc) e senza nemmeno lasciarmi sfiorare da pensieri quali: “Ma buttati sul divano, leggi, cambiati lo smalto delle unghie, tira giù le tende, fissa il soffitto, guarda Accumulatori seriali in tv, ma che te frega!” NO, io preparo la borsa e vo’.
Nel riprodurre il meccanico rito del preparati la borsa e vai, quest’oggi, prima mi faccio un caffè, sfoglio una rivista che mi hanno dato sabato in allegato a non so più che giornale e il mio occhio cade su un articolone a tutta pagina:
Gli studiosi americani ora dicono lo spor fa male. Malissimo.
Vi spiaccicate ogni muscolo e legamento, vi devastate di radicali liberi, e poi: pensavi di salvarti dall’infarto? Beato te. Ma sai che fine ha fatto l’inventore dello Jogging? E’ MORTO. E di cosa? DI INFARTO.
Poggio il caffè con un gesto lento e saggio. Rifletto sulla frenesia anni ’80 per il fitness che ha travolto la mamma e fatto sì che lei ci crescesse con l’idea che chi non si allena è una pappamolle senza spina dorsale, che allenarsi forgia il carattere, ti fa bello e giovane e quindi via! tutine e borsoni, scarpe da ginnastica e costumi, via a svaligiare Dimensione Danza e consumare scarpe jazz e scotch sotto le piante dei piedi! Via verso il benessere!
Persino negli anni quelli-che-abbiamo-attraversato-tutti, sono stata capace di andare ad allenarmi dopo aver fumato una canna (è meglio di quel che state pensando) pur di non perdere il rapporto con la disciplina. L’appuntamento. L’orario. Borsone. Borsone e vai. Alle 19:30 danza. Vai.
Pavlov junior deve averci studiato segretamente per anni, noi boh ci vado perché ci sono sempre andata e si deve far qualcosa-muoversi.
Ed ecco che ora quello stesso studioso americano che ha infilato body elasticizzato, fascia in testa e scaldamuscoli in tinta addosso alle nostre mamme, se ne esce che FA MALE?
Ma se io ho smesso di fumare un pacchetto di sigarette al giorno, se mi sono fatta passare nel giro di un anno passione per canne e affini, se io oggi non supero mai i due bicchieri di vino al giorno e limito a due volte l’anno il superalcolico per non inficiare le mie prestazioni sportive?
AMMERDE!!
Ma che si fa così? Ma se proprio dovevo fare qualcosa che fa malissimo e spacciarmi alla consunzione ma almeno mi facevo la vita debosciata da rockstar sfatta, mi sfasciavo di canne e alcolici, che so, ascoltavo Marilyn Manson!
E invece mo’ mi dici che fa pure male, lo spappolamento di palle del tenersi in forma?
No, perché ci sono quelli, soprattutto quelle, con non più un filo di grasso sul corpo, gli addominali di Keanu Reeves quando fa il Buddha, la cosiddetta faccia da maratoneta (leggi: nel ricordo del collagene) che ti dicono: “Ah ma io ADORO andare a correre due ore al giorno! Io ADORO andare in …. (riempire con palestra-piscina-zumba quel che l’è) sessanta ore al giorno, guarda: non posso vivere senza!”
Sì, che non puoi vivere senza è cosa che ho visto spesso in tutti questi anni e quelli non si chiamano sportivi, si chiamano malati ossessivo compulsivi, ma anche senza arrivare a queste esagerazioni è vero che pur tra chi si fa le sue serene due-tre volte a settimana di attività, c’è chi dice: “Ah, ma a me piace. Io mica soffro.”.
Bugiardi. Bugiardissimi.
Ce lo leggiamo negli occhi arrivando nello spogliatoio che vogliamo tipo morì e che invece quando stiamo finendo di asciugarci i capelli a dovere compiuto, abbiamo quasi il condizionamento infantile di mamma che ora ci darà il Kinder di ricompensa.
Ma te lo facevi andare bene. Dicevi: mi prendo cura di me stesso, sto facendo il bravo.
E ora arriva lo studioso americano e ti dice Oops.
Pur con la testa rutilante di questi pensieri sono andata in piscina a fare le solite vasche.
Mentre ero impegnata nelle otto-solo-gambe aggrappata alla tavoletta, e mentre nelle prime due corsie alcune signore zampettavano facendo acquagym al suono cacofonico di una musica allegra e nella corsia accanto a me c’erano dei bambini di una scuola nuoto che si facevano insultare da un ragazzetto col pizzo e un’abbronzatura feroce, mi sono fermata a metà della mia corsia. Che, per inciso, miracolosamente non stavo dividendo con altre otto persone.
Mi sono fermata con le braccia aggrappate alla tavoletta e sono rimasta là muovendo piano le gambe sotto di me, sentivo semplicemente il contatto con l’acqua e respiravo piano, guardandomi intorno.
L’assistente di vasca, che era tutto intento a fare chissà che con il suo Iphone, ha sentito una variazione nella forza, un elemento perturbante: nel frenetico andirivieni, zampettìo a ritmo di musica, colpi delle bracciate furiose di quelli che percorrevano le corsie di nuoto libero, c’era un corpo immobile, fermo, in mezzo alla piscina.
Mi ha guardato per accertarsi che io fossi viva, gli ho fatto un rassicurante sorriso così che potesse tornare al suo Candy Crush o quel che fosse.
Stavo bene, era tutto a posto, ma una domanda mi scuoteva dal profondo dell’anima e mi ha costretto a fermarmi:
Ma che cazzo sto a fa’?