Ogni forma di comunicazione che utilizziamo è controllata. Non solo quelle che riteniamo pubbliche e usiamo magari proprio per questa ragione (tipo un blog) ma, a quanto pare, anche ogni mezzo che serve ad A per dire una cosa solo e unicamente a B.
Telefono, mail, social network, e via così.
Ogni giorno che arriva in terra leggiamo di personaggi pubblici le cui telefonate vengono intercettate e, tra parentesi, me ne è derivata una feroce curiosità:
Ma perché, visto che hanno incastrato chiunque per qualcosa che hanno detto al telefono, continuate a sentire l’irrefrenabile necessità di chiacchierare nel cellulare di cose tipo “Ah, a proposito del fatto se l’aglio vada o no nell’ amatriciana, oggi ho spostato qualche milione di euro rubati sul mio conto in Svizzera”, oppure “Quel dannato non ne voleva sapere di morire”?
Cioè, ormai lo sanno anche i bambini che se vuoi essere proprio sicuro che nessuno ti senta o sappia quel che combini devi dare appuntamento al tuo interlocutore nel deserto del Gobi dopo aver lasciato il cellulare a casa con la batteria staccata; devi smontare l’Ipad, l’Ipod, smantellare la macchinetta del caffè elettronica e dare fuoco al computer con la benzina.
Comunque, noi ogni giorno veniamo a conoscenza delle cosacce dei cattivi perché qualcuno li intercetta.
Allora io voglio cogliere l’occasione per farmi una domanda. Noi siamo controllati, pedinati e spiati in ragione della sicurezza e a me potrebbe anche stare bene se poi non fosse che metropolitane, treni e grattacieli saltano in aria lo stesso.
Però personalmente sono abbastanza ossessionata dal rispetto degli spazi altrui, ho un’idiosincrasia assoluta contro l’invadenza e la prepotenza, al punto che persino in una cosa come il SOCIAL network difficilmente nomino qualcuno se non sono tranquilla che non gli dia fastidio, taggo qualcuno in una foto senza chiederlo, e via così.
Sono talmente ossessionata dall’educazione che la metà delle volte che devo chiamare qualcuno sul cellulare – che è comunque un oggetto potenziale di invadenza – anticipo con un sms dal testo “posso chiamare adesso o è un brutto momento?”, partendo dal presupposto che non ho mai usato né mai userò il cellulare per una chiacchierata amena se non quando sono settimane che non si riesce a trovare tempo per vedersi o non si tratti di parenti lontani.
Sarebbe carino se si tenesse conto di questa forma di rispetto dello spazio altrui, anche quando presumiamo che sia necessario invaderlo, che so, per motivi legali o di sicurezza.
Quando poi ci si iscrive ad un social network è perché si vuole fare parte di una vita sociale virtuale, e io per esempio preferisco facebook a twitter per due ragioni, come credo di aver già detto qua sopra, la prima è che twitter è per narcisisti, dato che vige un sistema per cui se tu mi segui io non è che devo seguire te e non lo trovo sensato – è come un monologo invece di un dialogo – secondo perché sta diventando un cult dei radical chic, un po’ come le Hogan per i fighetti e chi mi conosce o segue sa che io ho creato il club anti radical chic e ho anche costruito il radical chic detector per cui in questo momento, pur essendo iscritta a twitter lo studio con attenzione, è sotto test Voight Kampff per valutarne il tasso di R.C. e aspetto i risultati prima di stilare il verbale ufficiale.
Comunque, in teoria un social network è un luogo in cui si sceglie con chi avere a che fare e chi no.
In teoria.
Ogni tanto gli utenti fanno circolare messaggi tipo “attenzione, guardate che tutti vedono i vostri messaggi!” o, da un annetto a questa parte, qualcuno chiede di passare il mouse sulla propria foto e con un comodo click fare in modo che i loro non-amici non vedano quello che gli amici scrivono o commentano nei propri profili.
Ma allora, io sono padrona di fare quello che voglio con chi voglio, ho dei diritti oppure ho solo doveri? Le regole, sono uguali per tutti e sono a favore di chi?
Che mi vengano a spiare le forze dell’ordine perché devono verificare se ci siano o meno gruppi o singoli che stanno organizzando allegramente un attentato, con tutti i suoi amici che gli mettono “mi piace” quando pubblica la mappa del posto che imbottirà di tritolo, beh, forse posso pure starci. Mi sta bene portare solo cremine minuscole e un centilitro di liquido per le lentine in aereo se questo contribuisce alla sicurezza del mio viaggio.
Ma poi? Dove sta il limite di questo controllo? E soprattutto, nelle regole che ci da’ il geniale Zuckerberg, non è che per caso ha inventato un sistema di galateo virtuale utile solo a stalker e pazzi psicopatici e non certo alla protezione di chi usa lo spazio per giocare, chiacchierare, scambiare opinioni o pubblicizzare il proprio lavoro?
Ecco il vero tema, dunque.
Chi controlla i controllori?
E soprattutto perché noi cittadini/utenti non siamo protetti dall’invadenza altrui, dall’altrui curiosità sulle nostre vite?
Perché funziona a senso unico, ‘sta storia del controllo?
Domanda numero uno.
Di quelli che ci spiano, anche tu poliziotto postale che magari adesso leggi questo post perché io scrivo
BOMBA
e tu te lo trovi capato tra le cose da verificare, oppure senti le mie telefonatine amorose col marito in cui magari gli dico “ma sei proprio un terrorista” e un sofisticato sistema di selezione ti porta alla mia telefonata privata, ti domando, da persona che ama raccontare le storie della gente:
Chi siete? Come vi vestite? Vi annoiate a spulciare il web, le telefonate, oppure vi scatta la sindrome del tipo de “Le vite degli altri” che magari a qualcuno vi affezionate un pochino, ne seguite la storia, vi preoccupate se poi il figlio di quella ha passato l’esame o no?
Soprattutto: sapete dove fermarvi, nello spulcio e nell’ascolto delle nostre vite private?
Domanda numero due: i controllori dei social network: ma come funziona, come gestite il traffico della politesse d’un social come facebook?
Giorni fa mi stupisco nell’apprendere, nella home del social network più frequentato del mondo, della kafkiana vicenda di una persona (per le ragioni spiegate prima non ne faccio il nome, sia perché è un personaggio pubblico, sia perché non posso essere sicura che a questa persona faccia piacere che la nomini, quindi parlerò solo del caso).
Questa persona che ha una presenza molto vivace su facebook e che non dice o pubblica niente di più o di meno di chiunque, da un bel po’ di tempo viene continuamente “ bloccata” o “bannata” che dir si voglia perché c’è qualche misterioso individuo che si ritiene offeso da immagini che pubblica o cose che dice.
Il sistema di facebook permette a chiunque di segnalare un’immagine o un post di qualcuno come offensivo, se si arriva a un certo numero, credo tre, vieni bannato.
Insomma questa persona sta antipatica a qualcuno o comunque come spesso accade ai personaggi pubblici, un paio di fanatici con non proprio tutte le rotelle a posto la segnalano ogni cinque minuti, l’ultima volta per un nudo anni ’30.
Ovviamente è ridicolo, considerando che solo io tra i miei contatti vedo persone che pubblicano foto ben più esplicite, una ragazza si professa apertamente satanista, un altro scrive cose a favore di pratiche sessuali acrobatiche e nessuno li ha mai bannati né si è sentito “offeso” per quel che pensano del mondo.
Semplicemente perché non sono andati a guardarli, o peggio, non sono persone “famose” e quindi la sottile soddisfazione di sentirsi in qualche modo parte della loro vita, proprio non c’è.
Mi sfugge la ragione per cui esistano sistemi di delazione interni a un social in cui ognuno decide chi seguire e chi no: non ti piace quel che dico, non seguirmi, non guardarmi, se sei per sbaglio tra i miei contatti, cancellami; ognuno decide a chi chiedere di partecipare della propria vita virtuale, se quello non ti piace, non lo accettare.
Ugualmente non riesco a capire come sia possibile, dato che siamo tutti così controllati, perché tu non possa fare nulla se ti clonano la mail e da quella inviano richieste di soldi a tutta la tua rubrica, non puoi fare molto se, essendo un personaggio più o meno pubblico, succede che qualche psicolabile o solo vigliacco impesta quei forum che consentano il commento anonimo, di veri e propri insulti, oppure uno deve subire il nuovo episodio di una storia di persecuzione vecchia di anni – come è successo a me con una pazza che ha molto poco da fare e meno per cui starsene tranquilla e godersi la vita – facendo finti account facebook per mandare messaggi deliranti.
Ecco, questo mi inquieta, per difendersi da chi utilizzi le maglie fitte della rete per invadere la vita altrui l’unico modo è prendersi la briga di andare alla polizia, portare prove, aspettare che individuino l’IP di chi ti rompe le palle, e via così, ma non esiste un modo o un meccanismo automatico per bloccare i segnalatori seriali, oppure per evitare che anche chi non è in contatto con te possa mandare messaggi privati a chi gli pare.
Come può una persona difendersi da queste nuove forme di stalking virtuale?
Se Philip Roth con una lettera aperta ad un quotidiano è riuscito a fare notare il sistema un po’ bizzarro di wikipedia di non lasciar corregge la pagina che lo riguarda alla persona stessa, dicendole che “non è titolata” a modificare le informazioni a proprio carico, perché non si riescono a stabilire regole diverse per spazi che in fondo corrispondono virtualmente a “casa nostra”?
Questo non mi piace. Il duepesismo di tutto.
Abbiamo solo doveri come utenti, come contribuenti – se paghiamo cento euro meno al fisco o ci hanno sbagliato un F24 ci inseguono coi cani, un altro evade milioni di euro e se la cava con un patteggiamento ridicolo, tipo – abbiamo doveri come iscritti ai social network, abbiamo doveri come utenti telefonici, abbiamo doveri come respiratori d’aria.
A volte mi sfuggono i nostri diritti, da quello della tutela delle nostre idee (dato il lavoro che faccio, e lì ci sono altre interessanti storie) a quello della tutela del nostro spazio, reale e virtuale.
Quindi con questo post, che magari tradurrò in inglese e glielo manderò, voglio dire intanto a Zuckerberg: tu hai pensato un sistema che in un mondo ideale è perfetto, ma come molti ideologhi non tiene in considerazione un elemento fondamentale: l’essere umano è cattivo, le persone frustrate sono livorose, tu che sei geniale ed evidentemente sovrastimi l’animo umano, inventa un sistema che permetta alla gente di prendersi le proprie responsabilità: chi segnala qualcuno sia evidente, chi si iscrive a questo social che ormai è andato molto al di là di una semplice community ci metta il nome e la faccia o sia comunque rintracciabile, o almeno che non possano mandarti messaggi se non ti conoscono.
Intanto parliamo con Mark di questa cosetta, poi spero proprio che in termini di controllo e controllori, chi di dovere abbia a cuore di studiare come tutelare le nostre telefonate, le nostre mail e il nostro mondo. Che insomma sia controllato il controllo e che non possa essere possibile a chiunque condizionare la nostra vita solo per personali paturnie.