ITAGLIANI (ovvero la Storia delle nostre Liberazioni)

Per chi come per me il quasi-ventennio berlusconiano ha corrisposto più o meno alla sua crescita, queste giornate sembrano fantapolitica. Ci sembra incredibile che “finalmente quello se ne va”, anche se poi il merito non è stato così nostro, del nostro sdegno o davvero di una nostra iniziativa politica – hai voglia a fare manifestazioni, urlare o improvvisare happening di varia natura qua e là – né è certo merito dell’”opposizione” nel quale schieramento mi riconosco, pur se scuotendo la testina come davanti a un figlio che si incoraggia pur rendendosi conto che non ci è proprio portato.

“Quello” non se ne andava. Non avevamo, né noi “la ggente”, né i suoi avversari politici, alcun rispetto da parte sua, alcuna considerazione. O forse meglio dire, non abbiamo saputo ottenere alcun peso sociale e politico.

Il merito di un evento che sembrava naturale da anni, annissimi, va all’estero, agli “adulti” che da Bruxelles agli USA, per i danni che il nostro Paese sta creando a tutti, hanno fatto irruzione nel cortile battendo le mani col vocione e hanno tolto la palla ai bambini prepotenti:

“Basta, state spaccando tutto, la vogliamo piantare, qua?”.

E’ così, che è andata. Gratificante da leggere sui libri di storia.

Certo, per molti intorno alla mia generazione, quinquennio più quinquennio meno, c’è un vago senso di dejà vu. Non me lo ricordo perfettamente, ma l’eccitazione del dopo-craxismo, la seconda repubblica, le monetine… non è esattamente il remake di quei giorni,  ma direi che ci sono diversi punti di contatto.

Quindi mi chiedo: e adesso?

L’omino di Arcore ci ha fatto assistere in questi quindici/vent’anni ad un tale spettacolo pieno di effetti speciali, che persino farci un film alla fine è risultato complicato per chi si sia avventurato intorno a questo personaggio incredibile.

Penso che l’unico in grado di riassumerlo e raccontarlo ai posteri in termini di rappresentazione sarà Sorrentino e mi auguro che ci stia pensando, a fare un corollario in salsa aliena di questo periodo storico e questo personaggio che fanno impallidire il resto della nostra Storia.

Per quanto i veri protagonisti su cui farsi domande di questo fantascientifico viaggio non sono davvero lui e la sua corte dei miracolati, ma siamo noi, “Gli Itagliani”.

Ormai da un decennio, quando vado su in Finlandia per lavoro o per diletto, so che mi tocca di default la domanda – ironica, possibilmente – su Berlusconi e le sue ultime marachelle. E inesorabile è sempre arrivata la chiusa “Ma come fate voi italiani…”.

La sua inettudine e cattiva fede politica sono persino state messe in ombra dal grottesco della sua immagine e il folklore dei suoi comportamenti. In fondo non li ha un po’ salvati, questi, lo spettacolo da cabaret che hanno dato, in questi anni?

Spesso mi sono detta, oppure ho commentato: ma chi è che lo vota, questo? Domanda retorica, certo, dato che – diciamocelo – nella scelta del nostro piccolo mondo personale finiamo per trovarci tra simili, inconsciamente o meno finiamo per escludere chi non la pensa come noi.

Però qualcuno di quelli che hanno creduto in questo strano tizio, inquietante quanto basta a fare dire a un mio parente finnico particolarmente religioso “Mi sa che ha venduto l’anima al diavolo”, io ne ho conosciuti, e molti li abbiamo visti, soprattutto davanti al Tribunale di Milano.

Quelli siamo noi, Gli Itagliani.

Quelli che: sì va bene le regole, ma ti pare giusto che pago tutte ‘ste tasse, con come sono ridotte le strade? (e quindi faccio il furbetto)

Sì va bene, non ho il biglietto del bus, ma quelli non passano mai! (e quindi salgo senza biglietto)

Sì va bene, ha fatto qualche magheggio per aprire il suo negozio, però cazzo, se consideri la burocrazia, alla fine ti ci portano. (e quindi non giudico l’amico che ha violato tre regole su cinque).

Sì ok, l’ho lasciata in doppia fila ma perché non fanno i parcheggi invece? (e quindi una strada a doppio senso diventa un enorme parcheggio con una fila di auto che strombazzano perché non passano nei cinque centimetri rimasti liberi).

Insomma, il nostro sport nazionale è l’autoindulgenza da bambino di otto anni: sì, forse ho colpa ma “Loro di più”.  E’ questa  nostra incapacità, effettiva, di essere tanto migliori di quella classe che pur criticavamo che, secondo me, sta anche alla base di quella mancanza di rispetto e considerazione da parte di Berlusconi e i suoi. (“Ma guardati tu.” in sintesi).

Se l’autorità e le regole sono sempre e comunque un cattivo cui contrapporsi, e l’onestà uno sport per cretini perché comunque il violarle mi rende più furbo degli altri, è ovvio che non siamo capaci di sorvegliare il semplice principio che a tenere le redini del nostro Paese debba essere una classe politica moralmente ineccepibile.

Vi dico qualche ragione espressa da chi ho conosciuto che ha dichiarato di votare Berlusconi:

a)    SCUSA NUOVA COLLEZIONE: mi pareva qualcosa di nuovo (attenzione: non più onesto, non con un programma/preparazione più convincenti, ma “nuovo”, dunque anche Moira Orfei sarebbe andata bene… più nuova di così, in politica).

b)    SCUSA PAGINA DEGLI ANNUNCI DI LAVORO: senti, alla fine a me per lavorare, mi aiutano più “quelli” che “quegli altri” (ma tipo pretendere che a governarti sia un sistema di valori per cui “per lavorare” ti aiuti il tuo merito, no?)

c)    SCUSA COWBOY NEL TRAMONTO: senti, alla fine quello è un esempio di grande furbizia, ti rendi conto dove è arrivato, partendo da cosa? Ma perché, secondo te esiste una persona onesta in tutto il mondo? Il mondo è così, e chi non lo capisce è un poeta. (alla fine si butta il mozzico di sigaretta per terra con uno schiocco di dita).

d)    SCUSA DA FILM ITALIANO PATINATO: alla fine sono tutti uguali, in parlamento e in tv litigano poi vanno a pranzo insieme. (allora fammi il favore, visto che sono uguali, almeno vota quello che se non altro ha un’immagine meno imbarazzante)

Insomma, a me niente e nessuno mi convince che questo momento storico in cui sembra che correremo felici per prati verdi sbandierando vessilli di libertà, non partorirà un copione simile e non finiremo per abbozzare davanti al profilo della classe politica che prenderà in mano il Paese e al modo lecito o meno con cui lo governerà.

Ho tanta paura dell’ “Avanti il prossimo” che lasceremo entrare, fare, devastare, esprimere folklore, dare voce alla nostra tradizione dell’improvvisazione invece che pianificazione, per poi guardarlo a bocca spalancata e dire “Non mi piace, non mi piace!” senza saper esprimere un’alternativa di comportamento, si falsariga morale, di coscienza civile e sociale?

Impareremo mai a liberarci se non dopo esserci fatti massacrare per qualche decennio in cui abbiamo fatto spallucce e cabaret, finché non arrivano i Nostri dall’estero a lanciarci sigarette e cioccolata?

(E noi che corriamo felici urlando “Oh, meno male, e ‘nfatti, lo stavamo dicendo: ma quando se ne vanno questi? Grazie! Grazie!”)

Essere liberi, in democrazia, significa prendersi la briga di occuparsi personalmente, senza farsi sconti,  di una Cosa Pubblica che si pretende migliore dei nostri più perdonabili difetti.

Il principio banalissimo per cui anche se a volte le regole di Atene non mi piacciono, voglio che Atene abbia quelle regole  perché sono giuste per la collettività e quindi le rispetto pure quando mi scoccia assai, a noi proprio non riesce ad andarci giù.

E’ vero che in tutti questi anni l’atteggiamento da omino medio anni ’50 del nostro fantascientifico premier e la cultura che dai suoi gusti e il suo stile ne è derivata, ci hanno anche fatto comodo in termini di capro espiatorio e di bersaglio d’una facile comicità, ma quello che mi chiedo adesso, da cittadina, se ci renderemo conto che siamo noi che abbiamo consentito al pifferaio magico di entrare in città, e che se non cambiamo noi, ne arriverà sicuramente un altro.

Per ora corriamo liberi nei prati a festeggiare, mentre gli adulti vanno via portandosi via il pallone.

Pubblicato da anneriittaciccone

osservatrice conto terzi

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