favola realistica 1: IL BRUTTO ANATROCCOLO

Il problema della vita di ogni adulto occidentale sta nel fatto che da piccoli ci prendono per il culo, dalle favole a Babbo Natale il nostro imprinting si basa su un inganno costante. Ho deciso che per le nuove generazioni bisogna prendere provvedimenti, quindi io Anne-Riitta Ciccone, ho iniziato un certosino lavoro di revisione delle favole classiche e dei miti dell’infanzia, riportandoli alla realtà. Perché se le favole devono insegnare ai bambini cos’è la vita, che sappiano subito cosa li aspetta e come districarsi nel faticoso mondo della vita umana. Codesta raccolta di Favole si chiamerà FAVOLE REALISTICHE. Ed ecco a voi la prima:

IL BRUTTO ANATROCCOLO

L‘estate era iniziata; i campi agitavano le loro spighe dorate, mentre il fieno tagliato profumava la campagna. In un luogo appartato, nascosta da fitti cespugli vicini ad un laghetto, mamma anatra aveva iniziato la nuova cova. Siccome riceveva pochissime visite, il tempo le passava molto lentamente ed era impaziente di vedere uscire dal guscio la propria prole… finalmente, uno dopo l’altro, i gusci scricchiolarono e lasciarono uscire alcuni adorabili anatroccoli gialli.
– Pip! Pip! Pip! Esclamarono i nuovi nati, il mondo è grande ed è bello vivere!
– Il mondo non finisce qui, li ammonì mamma anatra, si estende ben oltre il laghetto, fino al villaggio vicino, ma io non ci sono mai andata. Ci siete tutti? – Domandò.
Mentre si avvicinava, notò che l’uovo più grande non si era ancora schiuso e se ne meravigliò. Si mise allora a covarlo nuovamente con aria contrariata.

Finalmente il grosso uovo si aprì e lascio uscire un grande anatroccolo brutto e tutto grigio.
– Sarà un tacchino! – Si preoccupò l’anatra. – Bah! Lo saprò domani!
Il giorno seguente, infatti, l’anatra portò la sua piccola famiglia ad un vicino ruscello e saltò nell’acqua: gli anatroccoli la seguirono tutti, compreso quello brutto e grigio.
– Mi sento già più sollevata, – sospirò l’anatra, – almeno non è un tacchino! Ora, venite piccini, vi presenterò ai vostri cugini.
La piccola comitiva camminò faticosamente fino al laghetto e gli anatroccoli salutarono le altre anatre.
– Oh! Guardate, i nuovi venuti! Come se non fossimo già numerosi!… e questo anatroccolo grigio non lo vogliamo! – Disse una grossa anatra, morsicando il poverino sul collo.
– E’ così grande e brutto che viene voglia di maltrattarlo! – Aggiunse la grossa anitra con tono beffardo.
– E’ un vero peccato che sia così sgraziato, gli altri sono tutti adorabili, – rincarò una vecchia anitra che era andata a vedere la covata.

L’anatroccolo, da quel giorno fu schernito da tutti gli animali del cortile: le galline e le anatre lo urtavano, mentre il tacchino, gonfiando le sue piume, lo impauriva. Nei giorni che seguirono, le cose si aggravarono: il fattore lo prese a calci e i suoi fratelli non perdevano occasione per deriderlo e maltrattarlo.
Il piccolo anatroccolo era molto infelice.

E indovinate cose accadde al povero piccolo rifiutato e deriso da tutti?

Una bella mattina d’estate, in mezzo alle canne vicino alla palude, si suicidò. E prima di morire pensò: ora sì che tutti si pentiranno e sentiranno in colpa! Infatti poche ore dopo i suoi fratelli, gli altri animali e il fattore trovarono il suo corpicino sgraziato riverso tra le canne, lo guardarono e dissero:

– ‘Sti cazzi!

 

l'ultima immagine del brutto anatroccolo


Pubblicato da anneriittaciccone

osservatrice conto terzi

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